Errare humanum est perseverare autem diabolicum.
Nella mia vita sono stato spesso diabolico. Sono inciampato più volte negli stessi errori e ho osservato altri fare il mio stesso errore, sia nella vita privata sia nell’ambito del lavoro, sia come uomo sia come imprenditore. Grazie all’auto-osservazione ho avuto modo di cogliere e vedere in azione i killer che si ripetevano quando mi ponevo degli obiettivi. Vediamoli insieme:
1. La fretta
Il nemico numero uno dell’obiettivo. Se hai fretta allora qualcosa non va.
Un saggio disse: “appiamo tutto dell’orario e poco del tempo”. L’orario è marziale e pressante, il tempo è quel istante in cui dici: “adesso sa da fare”.
Sentendo il tempo, prima ancora dell’orario, comprendevo se l’obiettivo era veramente mio, se davvero vibrava in me oppure era un’aspettativa e non mi apparteneva per niente o per poco. Era spesso un capriccio, una rivalsa, una voglia di apparire e vivere in superficie, al pari dell’orario che gira con le lancette sul quadrante, perdendo l’ascolto profondo del tempo interiore e l’agire diventava sforzo. Quando andavo a tempo il libro dell’obiettivo spiegava le ali e il tempo, seppure chiedesse forza, passava leggero.
Certo, come te, vivo in una società che ha dei ritmi veloci che si basano sulla fretta, infatti spesso corriamo ma non sappiamo nemmeno bene per che cosa. Essere abituati a ritmi frenetici spesso non ci fa riflettere su quanto questi siano disfunzionali.
Un obiettivo implica delle strategie e le strategie richiedono: calma, pazienza, senso di comunione con se stessi, prendersi tempo di qualità, essere esigenti con se stessi e allo stesso tempo morbidi, rispettando anche i tempi e non solo gli orari.
Dare Dimensione al Tempo crea l’acronimo DDT che è lo spray che serve a annullare la fretta.
La qualità della nostra strategia determina la conseguenza e la qualità delle azioni che faremo in seguito.
“Non c’è strada troppo lunga per chi cammina lentamente e senza fretta; non ci sono mete troppo lontane per chi si prepara ad esse con la pazienza. – Jean de La Bruyère”
2. La voglia di apparire.
Questo è il killer più infimo. L’apparenza nasce per scomparire, non può fare altro.
Prima di iniziare mi pongo sempre questa domanda: se nessuno potesse riconoscermi il merito, vorrei comunque raggiungere questo obiettivo?
Se la risposta è si, bingo, il tempo e l’orario sono nel letto nunziale. Se la risposta è no, tempo e orario sono separati, in questo caso mi fermo, mi siedo e mi ascolto.
Spesso possiamo vedere che facciamo delle azioni e perseguiamo degli obiettivi per ottenere l’approvazione, l’apprezzamento degli altri, per mostrare quanto siamo bravi, capaci, potenti, per entrare nelle grazie o tanti altri motivi ma spesso non è quello che vogliamo, non è quello che ci appartiene.
3. I pettegolezzi.
Questo killer è devastante.
Quando ho un obiettivo felice e lo sento vero dentro di me, ho imparato a non condividerlo con troppe persone, perché diventano spesso influenzatori negativi. Lo condivido SOLO con le persone che sento davvero vicine che mi supportano come dei veri fans. Quando me ne dimentico e voglio fare il piacione lo dico, lo sbandiero ai quattro venti, ma facendo così disperdo energia e perdo la forza trasformatrice dell’obiettivo in risultato.
L’umanità, da Caino in poi, vive intrisa d’invidia, che spesso altro non è che la consapevolezza di poter fare qualcosa ma di non averla fatta. Quando vediamo qualcuno che ha realizzato un obiettivo e scatta l’invidia, ci sta dicendo che anche noi potevamo riuscirci.

Esistono diversi tipi d’invidia, lo sapevi?
- Aggressiva: nasce quando non riesco io e non voglio che riesca nemmeno l’altro e si fa di tutto per ostacolare l’altro, lo si diffama e scoraggia.
- Ammirativa: nasce quando riesce l’altro e voglio riuscirci anche io.
- Depressiva: nasce quando riesce l’altro e io non sarò mai bravo come lui e rinuncio ai miei sogni.
L’invidia distruttiva è la più frequente, non per cattiveria, ma semplicemente per insicurezza. Quindi, più condividi il tuo obiettivo con le persone a te non vicine, davvero vicine e più crei pettegolezzi.
I pettegolezzi sono come dei tarli, che più o meno silenziosamente consumano l’energia dall’interno. Nel business il pettegolezzo è la dinamica più aggressiva e devastante che ci sia, è lo sport nazionale alla macchinetta del caffè. Se non lo si debella il clima aziendale è amaro.
Certo ci sono altri ostacoli come: imparare a gestire gli impulsi, le emozioni, le relazioni, il denaro oltre al tempo e la nostra parte interiore. In questo articolo ho inserito quelli che ritenevo più rilevanti da individuare all’inizio.

Superati questi ostacoli ho imparato a riconoscere gli ingredienti che danno forza all’obiettivo. Felicità, emozione, misura, immaginazione e abitudini.
Scoprili nel prossimo articolo di Agosto.