Proviamo a considerare le cose che possiamo avere con relativa facilità in cambio di denaro; non parlo di sesso e reni, ma per esempio tazzine e magliette.
Come calcoliamo il valore di queste cose?
Ovviamente, teniamo conto della loro utilità. Un’automobile ha un certo valore perché ci porta in giro, un cappotto perché ci tiene caldo, un orologio ci dice che ore sono, in una casa possiamo vivere, con una bottiglia di vino possiamo rilassarci o divertirci e così via…
Queste proprietà, però, si basano soltanto sulla natura materiale degli oggetti.
Se qualcuno prendesse il mio orologio e lo sostituisse con una copia perfetta, la sua utilità rimarrebbe la stessa. Invece anche la storia di un oggetto ha la sua importanza.
Lo abbiamo visto bene nell’articolo Lo storytelling e il piacere.
Un fenomeno chiamato effetto dotazione.
Supponete di chiedere a qualcuno quanto sarebbe disposto a pagare per avere una tazza di caffè e immaginate che dica un euro. Prendete i soldi e dategli il caffè, ma poi chiedetegli quanto vorrebbe per rivenderlo. La risposta logica sarebbe un euro o forse qualcosa di più per la seccatura di questo passaggio avanti indietro. Se ti chiedesse un euro e mezzo, avrebbe realizzato 50 centesimi di profitto per 10 secondi di lavoro. Ma la mente non funziona così. Quasi nessuno ti chiederebbe un euro e mezzo, ma il valore di quel caffè salirebbe notevolmente perché il caffè sarebbe diventato suo e questo ne farebbe aumentare il valore.
Più a lungo una persona possiede un oggetto, più acquista valore.
Le decisioni
Un altro esempio di quanto sia importante l’esperienza personale riguarda le decisioni che prendiamo nei confronti di un oggetto. Probabilmente pensate che scegliamo quello che ci piace di più, che ovviamente è vero. Ma è vero anche che quello che abbiamo scelto, ci piace di più.
L’ha dimostrato, più di cinquant’anni fa, lo psicologo sociale Jack Brehm.
Chiese ad un gruppo di casalinghe di mettere in ordine di preferenza una serie di elettrodomestici. In seguito, ogni donna chiese di scegliere, tra questi, due oggetti che riteneva fossero egualmente attraenti e disse loro che potevano portare a casa quello che preferivano tra i due. Dopo la loro scelta, chiese ad ognuna di classificare di nuovo gli oggetti della lista iniziale e scoprì che la posizione in classifica dell’oggetto preferito era salita, mentre quella degli altri era scesa.
Inter nos, quando alla fine disse alle donne che aveva mentito e che non potevano portarsi a casa nulla, una di loro scoppiò a piangere.
Una semplice dimostrazione di questo la potreste ottenere anche in un bar.
Prendete tre oggetti identici. Per esempio prendete tre sottobicchieri e mettetene due davanti al vostro soggetto. Chiedetegli di sceglierne uno. D’accordo, sono uguali ma deve comunque sceglierne uno. Quando ha deciso, dategli l’oggetto, poi tirate fuori il terzo sotto bicchiere e chiedete di scegliere tra quello che ha scartato e il nuovo. Quello scartato di solito non verrà scelto (loss avversion).
Questo lo potete fare anche se vendete delle magliette.
Entra una persona, sceglie una maglietta e ne scarta un’altra. Quando deve sceglierne una successiva, presentatela vicino a quella che ha scartato in precedenza, perché quella scartata ha perso valore, mentre quella nuova, di conseguenza, guadagna valore.
Forse nessuno sa esattamente perché questo succede.
- Forse ha a che vedere con l’autostima: vogliamo essere soddisfatti di noi stessi e quindi diamo più valore alle nostre scelte e denigriamo le cose che abbiamo scartato.
- O forse è un trucco mentale per rendere meno difficili le decisioni ripetute: una volta deciso tra due opzioni molto simili tra loro, la nostra scelta farà apparire più grande la differenza tra le due possibilità e renderà più facile prendere una decisione in futuro.
- La terza ipotesi rientra nella teoria della percezione di sé.
Secondo te, perché accade questo?
Sei animato dall’intenzione di rivedere o creare il tuo storytelling?
Il nostro team di esperti Dreamtelling sarà lieto
di progettare con te una consulenza su misura.